Roma, 9 agosto 2000

Comunicato Stampa

INTERINALE NEL PUBBLICO IMPIEGO: LA RdB NON FIRMA

La stipula dell'accordo quadro per l'introduzione del lavoro interinale nella pubblica amministrazione ha trovato una sola voce contraria, la RdB/CUB.

La mancata firma da parte della RdB è dovuta alla totale inaccettabilità di quanto previsto nell'accordo, sia sul piano politico generale che su quello della sua applicazione.

Sul piano generale è indubbio che l'introduzione dell'interinale, come delle altre forme di lavoro flessibile, oltre a segnare davvero la fine del diritto ad un posto di lavoro "stabile e sicuro", accedendo alle richieste D'Alemiane dello "scordatevi il posto fisso", segnerà anche la presenza di lavoratori a "due velocità" negli uffici pubblici.

Da una parte chi è stato o sarà assunto a tempo indeterminato, che manterrà la possibilità di pretendere il rispetto pieno delle tutele e delle garanzie contrattuali, e potrà lottare per migliorare la propria condizione, e dall'altra chi sarà continuamente soggetto al ricatto della propria condizione di "affittato". La presenza degli interinali sarà di fatto un forte elemento di arretramento anche degli occupati che saranno indeboliti nel proprio potere contrattuale, sapendo di poter essere sostituiti con chi tale potere non ha.

Sul piano più strettamente normativo, la dizione secondo cui le Amministrazioni non potranno ricorrere ai lavoratori in affitto "per sopperire stabilmente e continuativamente a carenze organiche" non impedisce certo che per lunghissimi periodi questo avvenga e che soprattutto le "situazioni di urgenza" non vengano ad essere identificate con le normali lavorazioni.

La RdB/CUB ha più volte denunciato il fatto che, anche se ancora in assenza dell'accordo stipulato oggi, molte amministrazioni pubbliche abbiano già utilizzato lo strumento dell'interinale proprio per sopperire alle carenze di organico, ormai strutturali in tutta la P.A., e proprio per espletare lavorazioni e compiti che sono assolutamente ordinarie.

Va anche ricordato che, mediamente il ricorso al lavoro in affitto, costa alle Amministrazioni circa il 30% in più del costo di un lavoratore "normale".

p/Coordinamento nazionale

Pierpaolo Leonardi


Oggetto: I: Congedi di maternità fino agli 8 anni - (Istr.Inps 19.5.2000)

Data: lunedì 5 giugno 2000 20.09

Le mamme che lavorano e non hanno usufruito finora del periodo di 6 mesi di astensione facoltativa dal lavoro potranno stare a casa per il periodo previsto indipendentemente da quando è nato il bambino, purché abbia meno di otto anni. Lo stabilisce una disposizione dell'Inps che contiene i primi chiarimenti sull'applicazione della legge del marzo scorso che ha ampliato i congedi per la cura dei figli per entrambi i genitori. Per quel che riguarda i padri, in particolare, il documento dell'Inps - emanato in attesa che il Ministero del Lavoro invii le sue disposizioni attuative - precisa che, nel caso in cui le madri abbiano usufruito per intero dei sei mesi di astensione facoltativa previsti in precedenza dalla legge, possono a loro volta richiedere di assentarsi dal lavoro per quattro mesi. Ciò in virtù delle nuove disposizioni che consentono un periodo massimo cumulabile di congedo per la cura dei figli pari a 10 mesi (elevabili a 11 se il padre si astiene dal lavoro per almeno tre mesi). (1 giugno 2000)

INPS Ufficio Prestazioni Maternità Malattia

Messaggio N. 000518 del 19/05/2000

Si comunica che sono in corso di predisposizione le disposizioni per l'attuazione della legge 8.3.2000, n. 53 (entrata in vigore il 28.3.00) che introduce importanti innovazioni in tema di maternità.

Nel frattempo, si forniscono le prime, seguenti indicazioni in ordine all'astensione facoltativa, fermo restando che le stesse potranno subire modifiche in relazione ad eventuali precisazioni ministeriali.

Dal 28.3.00 i genitori, lavoratori dipendenti, hanno diritto a chiedere l'astensione facoltativa per i figli naturali nei loro primi 8 anni di vita e per i figli adottivi o in affidamento fino al loro 12° anno di età. La madre ha diritto a fruire di un periodo massimo di 6 mesi ed il padre di 6 mesi, elevabili a 7, nel caso in cui si astenga dal lavoro per almeno tre mesi.

Pertanto, se la madre ha già fruito di 6 mesi ai sensi della legge 1204/71, non ha più diritto ad ulteriori periodi; se, invece, non ha utilizzato tutti i 6 mesi, può dal 28.3.00 chiederne il completamento e fruire del restante periodo anche se il bambino ha più di 1 anno di età e fino al compimento degli 8 anni.

Il padre ha diritto alla astensione facoltativa (6 o 7 mesi) anche se la madre non ne ha diritto (lavoratrice a domicilio, addetta ai servizi domestici, casalinga, libera professionista, ecc.).

Se tutti e due i genitori usufruiscono per lo stesso figlio di astensione facoltativa, il periodo complessivo di entrambi non può superare i 10 mesi (o 11 nel caso della prevista elevazione per il padre).

Il diritto all'indennità, pari al 30% della retribuzione, è previsto per un periodo complessivo di 6 mesi (fruibile, cioè, o solo dalla madre o solo dal padre ovvero da entrambi) fino al 3° anno di età del bambino.

Se i mesi fruiti sono superiori a sei, il diritto alla indennità è subordinato a determinate condizioni, che saranno precisate in seguito (in particolare circa il reddito individuale del genitore richiedente).

Le lavoratrici autonome (commercianti, artigiane, CD-CM) hanno diritto di astenersi facoltativamente dal lavoro per i bambini nati dal 1°.1.2000, per un periodo massimo di 3 mesi entro il 1° anno di età del bambino.