REFERENDUM ANNO 2000

 

Ordine del giorno del Coordinamento nazionale RdB riunito a Roma il 28.1.2000

Approvato dal Consiglio nazionale RdB riunito a Roma il 5.2.2000

Contro i Referendum radicali la RdB propone l'astensione

Si riparla di lavoro e se ne riparla nel modo peggiore. Dopo una lunga fase in cui la concertazione a tre tra Governo Confindustria e CGIL, CISL e UIL aveva operato per deregolamentare e destrutturare complessivamente il mondo del lavoro, le sue regole e le conquiste del movimento, riuscendo in questa operazione grazie al silenzio e alla subordinazione ideologica dei lavoratori agli interessi di impresa , oggi i referendum iper liberisti dei radicali ripropongono all'attenzione politica il lavoro e lo Stato sociale.

Questi referendum portano un segno ben chiaro di rottura di ogni protezione sociale.Insieme all'abolizione del diritto alla reintegrazione nel caso di licenziamento giudicato illegittimo dal Magistrato, alla liberalizzazione assoluta dei contratti a termine, part-time, lavoro a domicilio e collocamento, erano state proposte l'abolizione delle pensioni di anzianita, del Servizio Sanitario Nazionale, dell'assicurazione INAIL contro gli infortuni sul lavoro. Non e un caso che questa valanga liberista, pur se mitigata dalla falce della Corte Costituzionale, arrivi proprio oggi. Mai come ora il movimento dei lavoratori e stato disarmato di fronte all'offensiva portata avanti in nome della competitivita internazionale e della finanziarizzazione. Le responsabilita sono precise e nette, e riteniamo opportuno sottolinearle perché sia chiaro che la memoria storica di quanto accaduto nel nostro paese negli ultimi anni non puo essere rimossa oggi. Quei soggetti sociali, partiti e sindacati, che oggi si schierano per il no ai referendum radicali sono gli stessi che hanno aperto la strada a questa ipotesi iper liberista. La introduzione della massima flessibilita del lavoro e gia una realta. Sono centinaia di migliaia coloro che non hanno alcuna certezza del proprio lavoro e del proprio reddito: precari, part-time, lavoratori socialmente utili e di pubblica utilita, pacchetto Treu, lavoratori a domicilio, atipici, interinali e mille altre forme di ricatto sul lavoro sono state introdotte ben prima dei referendum attraverso la concertazione. Anche l'attacco alle pensioni non nasce oggi, ma ha una storia lunga almeno dieci anni in cui abbiamo assistito al teatro della rigidita sindacale sulla riforma Berlusconi e al via libera su quella Dini e Prodi che avevano gli stessi contenuti e lo stesso obbiettivo: smantellare la previdenza pubblica e favorire quella privata attraverso il dirottamento dei soldi dei lavoratori verso il mercato finanziario che altrimenti resterebbe "asfittico". Il no dei sindacati e dei partiti oggi si manifesta piu come la richiesta di affidare nuovamente alla concertazione il governo dei processi di trasformazione sociale, scippati e "velocizzati" dai referendum, piuttosto che una posizione politica netta di distanza dai contenuti e dall'idea di stato sociale propugnati dai radicali. Siamo convinti che "passata 'a nuttata" dei referendum, seppure dovesse prevalere il no, i tavoli di concertazione, magari con piu tempo, forse con qualche concessione in piu, arriverebbero alle stesse identiche conclusioni auspicate dai referendum. Ben lo dimostra il decreto sul part-time, varato dal governo D'Alema proprio a ridosso della sentenza della Corte Costituzionale e che va esattamente nella direzione del referendum in materia, nonché le dichiarazioni di disponibilita da parte di autorevoli membri del Governo ad emanare una riforma del licenziamento per accogliere le ragioni dei radicali ed evitare il referendum. Non puo essere altrimenti, non c'e all'orizzonte un cambio di strategia, c'e solo la necessita di riaffermare la concertazione tra padronato, governo e sindacati come strumento principe di regolazione della trasformazione sociale e produttiva. Loro e solo loro possono distruggere previdenza, sanita, posti di lavoro, diritto al salario. L'importante e farlo con un accordo! La stessa Confindustria, che si e subito schierata per il si, si e detta disponibile da subito a sedersi ad un tavolo di concertazione che affronti i problemi sollevati dai referendum. Del resto chi ha sposato un'idea di primato dell'economia sulla politica, chi ritiene il mercato la soluzione a tutti mali, chi accetta che la disoccupazione nel nostro paese abbia assunto segni di strutturalita irreversibile non puo che avere un orizzonte fatto delle stesse richieste dei radicali, magari a piu lunga scadenza. Non intendiamo partecipare a quest'ennesima pantomima. Siamo contro questi referendum, e contro lo scempio che i radicali fanno di questo strumento democratico, perché sottendono la stessa idea di Stato che vogliono propinarci anche i partiti e i sindacati confederali, cioe quegli stessi che oggi si organizzano nei comitati per il no. Non abbiamo dimenticato la farsa della manifestazione da un milione di persone contro la riforma previdenziale di Berlusconi e il rapido cambiamento di fronte, quando, a proporla identica, sono stati i governi amici. Questi stessi sono invece schierati per il si al referendum per l'introduzione del sistema elettorale maggioritario con la definitiva esclusione di ogni pur minimo pezzetto di proporzionale. Vogliono un paese in cui non esista alcuna possibilita di esprimere pluralismo e diversita dai poli ed in cui sia impossibile garantire rappresentanza politica ai lavoratori e alle loro esigenze. Un po' quello che e successo nel panorama sindacale con il monopolio della rappresentanza riservato a Cgil, Cisl e Uil. La nostra idea di democrazia, di pluralismo, di stato sociale e di diritto del lavoro e dei lavoratori e profondamente lontana da questa. L'identita del movimento dei lavoratori, la rottura con la subalternita che esso ha subito negli ultimi anni nei confronti dell'ideologia dell'avversario, si costruiscono anche respingendo con forza gli appelli a dimenticare le differenze e ad unirci tutti per sconfiggere il nemico alle porte. Il nemico lo abbiamo in casa ed e venuto il momento di smascherarlo.L'astensione ai referendum radicali non e quindi un "chiamarsi fuori", ma l'inizio di una nuova fase in cui il movimento dei lavoratori affermi con forza la propria idea di societa, la propria identita e indipendenza, la decisa rottura con gli interessi della competitivita internazionale. Il Consiglio nazionale RdB, ritiene indispensabile far emergere con forza le ragioni del boicottaggio dei referendum attraverso l'astensione e invita tutte le organizzazioni del sindacalismo di base, le strutture sociali e politiche, a lavorare assieme costruendo momenti di confronto e di organizzazione che rafforzino e rendano ben visibili le ragioni dell'astensione.